Archiviato un anno fuori dall’ordinario come il 2020, con le famiglie confinate a casa e lo spostamento di gran parte dei consumi tra le mura domestiche, il biologico riprende il suo cammino di crescita “normale”. A sottolinearlo è l’Ismea con il report “Biologico: gli acquisti alimentari delle famiglie” appena pubblicato sul sito. Secondo le elaborazioni dell’Istituito sui dati Nielsen, nell’anno clou dell’emergenza pandemica, le spesa di alimenti e bevande biologiche aveva registrato un incremento del 9,5%, performando meglio dell’agroalimentare nel suo complesso (+7,4%), anche sull’onda di un’attenzione più accentuata al mangiar sano che ha contraddistinto il periodo.
Nel 2021 la spesa bio si è portata invece su un valore di 3,38 miliardi di Euro, in crescita del 4,5% sul 2019 – ultimo anno pre-crisi, ma segnando un fisiologico quanto inevitabile ripiegamento rispetto ai valori record del 2020 (-4,6%).
Il dettaglio delle categorie evidenzia una flessione degli acquisti in valore soprattutto per la frutta (-8,7%), gli ortaggi (-7%), il latte e derivati (-2,2%), i derivati dei cereali (-0,4%) e le uova fresche (-8%). In netta controtendenza risultano invece le carni (+13%), i prodotti ittici (+17%) e i vini e spumanti (+5,7%), prodotti che assieme valgono tuttavia meno del 11,5%, a conferma di una crescita del bio soprattutto nei comparti dove l’offerta è meno rappresentata.
I prodotti biologici continuano a essere veicolati soprattutto nei Super e Ipermercati (65,3%). Nonostante un parziale ritorno del consumatore alla normalità, l’incidenza delle vendite presso la distribuzione moderna cresce rispetto al 2020 (+1%), mentre si ridimensiona il contributo dell’e-commerce (-9,6%). Nel 2021, così come nell’anno precedente, il 62,7% delle vendite di prodotti bio sono concentrate nel Nord Italia, a fronte di una quota del 25,6% del Centro e Sardegna e dell’11,7% del Sud.