Onorevole Presidente, Onorevoli Deputati,
ancora una volta emerge quanto le sorti del settore agricolo siano strettamente connesse al benessere economico e sociale dell’intero Paese. La carenza d’acqua sta mettendo a dura prova vaste aree del territorio italiano, con gravi disagi per cittadini e aziende. Inoltre, l’agricoltura sconta problematiche particolarmente pesanti, che hanno diretto impatto su quantità e prezzi degli alimenti sul mercato. È quanto mai opportuno quindi fare il punto su ciò che sta avvenendo e ragionare su come affrontare al meglio l’emergenza, adottando le misure più efficaci. Al tempo stesso è fondamentale soffermarsi ad analizzare con lucidità i dati disponibili, esaminare il problema anche in un’ottica di medio-lungo termine, programmando interventi strutturali e soluzioni di sistema. Ritengo sia il momento di fare e non di parlare.
Le competenze del MiPAAF in materia
In premessa e in linea generale, voglio ricordare che il Ministero che rappresento ha competenze piuttosto specifiche sul tema oggetto dell’informativa, che riguardano la programmazione e il finanziamento degli interventi nel settore delle infrastrutture irrigue di rilevanza nazionale, la cui concreta esecuzione è demandata ai Consorzi di bonifica e agli Enti di irrigazione. La rilevanza nazionale degli interventi è definita sulla base della capacità degli invasi: sono infatti considerati di rilevanza nazionale gli investimenti che prevedono una capacità di invaso superiore a 250 mila metri cubi, mentre di rilevanza regionale quelli di dimensioni inferiori. Questo criterio di demarcazione per il settore irriguo tra livello nazionale e regionale è stato stabilito nel Programma di sviluppo rurale nazionale 2014-2020 e vige tutt’ora. Ovviamente, sulle infrastrutture ad uso idrico o plurimo la competenza primaria è in capo ad altri Ministeri, in particolare MIMS e MITE. In particolare, il Ministero delle Infrastrutture e della mobilità Sostenibile esercita il ruolo di coordinamento strategico nella programmazione e finanziamento di interventi infrastrutturali relativi all’approvvigionamento idrico primario, mentre il MITE interviene prioritariamente nella pianificazione e finanziamento degli interventi di lotta al dissesto, di tutela e regolazione ambientale e di politica energetica. Alle Autorità di Distretto dei Bacini Idrografici spettano invece i compiti di pianificazione delle risorse idriche su scala vasta.
I dati dell’emergenza
Analizzando il contesto nel quale ci stiamo muovendo, già a partire dal mese di gennaio erano emersi segnali di allarme per la stagione irrigua, a causa dell’assenza di significative precipitazioni invernali nel nord-ovest d’Italia, sia sotto forma di pioggia che di neve. I dati ISAC (Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima)/CNR hanno poi confermato, per il 2022, precipitazioni dimezzate rispetto alle medie del periodo, con un deficit del 47% a livello nazionale. Il valore ha raggiunto percentuali tra -50% e -60% nelle regioni del nord-ovest. Il fenomeno siccitoso, che ha dapprima colpito l’Italia del Nord, e in particolare il distretto idrografico del Fiume Po, si è progressivamente esteso verso il Centro ed il Sud del Paese, soprattutto a causa delle temperature record. L’emergenza idrica è costantemente sotto osservazione da parte dei 7 Osservatori Distrettuali Permanenti sugli Utilizzi Idrici, istituiti per ciascuno dei Distretti idrografici in cui è suddiviso il territorio nazionale Le scarse piogge di fine giugno hanno contribuito in minima parte ad attenuare la situazione. In alcuni casi, le precipitazioni si sono rivelate addirittura dannose, perché accompagnate da venti forti e grandine. L’anno in corso è caratterizzato anche dalle temperature record, che hanno contribuito in maniera rilevante a comporre il quadro emergenziale. Considerato l’intero semestre gennaio-giugno, il 2022 raggiunge il primato assoluto, con +0.76°C, sempre rispetto alla media delle temperature del periodo 1991-2020. Una deviazione anomala che per il Nord Italia sale addirittura a 1.07°C. Su questo aspetto, la recente tragedia della Marmolada, ancora davanti ai nostri occhi, ha lanciato un messaggio ancor più diretto ed esplicito. Assistendo all’attuale emergenza, dobbiamo riconoscere che siamo ormai abituati ad assistere, ciclicamente, a fenomeni siccitosi preoccupanti. Simili situazioni sono si sono verificate, ad esempio, nel 2003, nel 2007, nel 2012 e nel 2017. Sostanzialmente ogni 5 anni ci troviamo davanti a questa situazione. È altrettanto vero che questi fenomeni si verificano, di volta in volta, con evidenza sempre maggiore e con conseguenze sempre più devastanti.
Pur nella ciclicità degli eventi estremi di siccità, dunque, assistiamo a un processo di lento, ma inesorabile, logoramento della disponibilità idrica del nostro Paese. ISPRA, pochi giorni fa, ha comunicato, a tal proposito, che il valore annuo medio di risorsa idrica disponibile per l’ultimo trentennio 1991- 2020 si è ridotto del 19% rispetto a quello relativo al trentennio 1921-1950. Quel che preoccupa di più, tuttavia, sono le proiezioni fornite da ISPRA per il prossimo futuro. Tenuto conto dei cambiamenti climatici in atto, infatti, si prevede, a livello nazionale, una riduzione della disponibilità di risorsa idrica, che va dal 10% al 40%. Particolarmente a rischio è il settore ortofrutticolo che non può fare a meno della risorsa idrica e che rischia di perdere quote importanti di produzione. Le ridotte riserve idriche, dovute sia alla mancanza di precipitazioni che alla riserva nivale cumulata a monte, hanno condotto gli operatori del settore agricolo, compresi i Consorzi di Bonifica e irrigazione, ad affrontare una situazione precaria sin dal mese di marzo. La penuria idrica del bacino del più importante fiume d’Italia, il Po, sta interessando oltre un terzo della produzione agricola nazionale: stiamo parlando delle coltivazioni di frutta, verdura, pomodoro e cereali (in particolare mais e riso), oltre agli allevamenti presenti nella pianura padana. La carenza di acqua ha anche ridotto le rese delle coltivazioni seminate nell’autunno scorso quali frumento, orzo e loietto. Occorre, inoltre, evidenziare che la crisi idrica è intervenuta in un contesto economico estremamente critico, con le aziende già provate dai pesanti incrementi dei costi produttivi derivanti dal conflitto in Ucraina: energia, fertilizzanti, mangimi, gasolio, sementi, prodotti fitosanitari. Su questo versante, colgo l’occasione per evidenziare che, nei primi giorni di luglio, abbiamo firmato due importanti provvedimenti a favore del settore zootecnico per un importo complessivo di 224 milioni di euro, allo scopo di sostenere uno dei comparti maggiormente colpiti dalle conseguenze della crisi economica in atto. Somme che saranno erogate entro il 30 di settembre.
L’intervento del Governo per affrontare l’attuale crisi
Sostenere, con ogni mezzo, cittadini e imprese, tutelando il nostro territorio, rappresenta il nostro obiettivo primario, in questo periodo di nuove, grandi, difficoltà. Nella seduta del Consiglio di Ministri del 4 luglio abbiamo deliberato la dichiarazione dello stato di emergenza, fino al 31 dicembre 2022, per Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Veneto. Lo stato di emergenza è volto a fronteggiare con mezzi e poteri straordinari la situazione in atto, con interventi di soccorso e assistenza alla popolazione interessata, e a ripristinare la funzionalità dei servizi pubblici e delle infrastrutture di reti strategiche. Lo stato di emergenza potrebbe prossimamente essere esteso anche ad altre Regioni che hanno già presentato o stanno presentando richiesta, tra cui Lazio, Umbria, Liguria e Toscana.
Per questa ragione il Governo sta lavorando per inserire – nel decreto legge a sostegno dei lavoratori e delle imprese che intendiamo adottare entro la fine del mese – alcune disposizioni urgenti per affrontare l’emergenza idrica. Riteniamo, infatti, non più rinviabile il rafforzamento del coordinamento degli interventi strutturali volti alla mitigazione dei danni derivanti dal fenomeno di siccità e al potenziamento e adeguamento delle infrastrutture idriche. Tornando al Commissario, credo che una struttura commissariale piò avere senso se è una struttura che ha una sua struttura, una sua capacità di intervento e di spesa. Credo che il problema sia strutturale e che sia più opportuno prevedere un coordinamento permanente, ad esempio alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che consenta interventi non solo in casi d’emergenza, ma anche di programmazione futura.
Nell’ambito del decreto legge siccità proporrò, quindi, l’introduzione di norme volte a rafforzare le strutture dei singoli ministeri preposte alla gestione degli interventi PNRR sul tema idrico, nonché ad istituire un fondo destinato a finanziare la fase di progettazione delle infrastrutture irrigue del Paese. Tra le misure rivolte specificatamente al settore agricolo, proporrò anche il rifinanziamento del Fondo di Solidarietà Nazionale, che oggi ha una dotazione di 13 milioni di euro, assolutamente insufficiente. al fine indennizzare le aziende agricole che, all’insorgere dell’emergenza, non beneficiavano della copertura recata da polizze assicurative a fronte del rischio siccità. Si tratta di un intervento necessario in questo quadro emergenziale e tenuto conto dell’attuale sistema nazionale di gestione del rischio in agricoltura, ancora fortemente basato sugli interventi ex-post. Ma voglio sottolineare che ci stiamo adoperando con forza per cambiare questo tipo di approccio. Stiamo lavorando per innovare gli strumenti di gestione del rischio disponibili per gli agricoltori, anche attraverso l’istituzione di un Fondo mutualistico nazionale che sarà attivo dal 2023 e di cui vi aggiornerò più diffusamente nel prosieguo del mio intervento. Per quanto riguarda la densità economica del Fondo, oggi non è possibile avere una quantificazione dei danni danni perché sono in corso produzioni in maturazione e va capito calo delle rese.
Necessità di interventi strutturali
L’ultimo rapporto ISTAT sull’acqua, pubblicato a marzo, indica che le perdite del nostro sistema idrico corrispondono ancora al 36,2% (dato 2020). La perdita giornaliera per km di rete è pari a 41 metri cubi (44 nel 2018), per un totale di 0,9 miliardi di metri cubi in un anno. Non dimentichiamo che in più di un capoluogo su tre si registrano perdite totali superiori al 45%, con punte che toccano il 70%. Altro dato preoccupante è la scarsa capacità di stoccaggio dell’acqua piovana, che, in Italia, ammonta a circa l’11%.
I dati ci dicono, dunque, in modo chiaro in che direzione intervenire per il futuro:
– aumentare la capacità di stoccaggio di acqua, ammodernando gli invasi esistenti e realizzando nuove opere a livello territoriale e aziendale;
– rinnovare e rendere efficiente la rete idrica riducendo le perdite e garantendo un monitoraggio puntuale degli usi;
– promuovere un uso razionale della risorsa idrica nel settore agricolo ed industriale, privilegiando le tecniche di agricoltura 4.0;
– sensibilizzare anche i cittadini a un uso responsabile dell’acqua, quale bene comune da preservare per le future generazioni.
Gli interventi sul sistema idrico da parte del MiPAAF
Sul tema degli investimenti sul sistema idrico dobbiamo riconoscere che molto è stato fatto negli ultimi anni. Anche alla luce dei dati precedentemente richiamati, infatti, è evidente che la carenza idrica non ha più un carattere di straordinarietà ma è ormai un fattore ricorrente, e uno dei temi costantemente incluso nelle politiche nazionali. Per quanto riguarda il comparto agricolo, già da tempo, il mio Ministero si è attrezzato a farvi fronte con una Strategia Nazionale su risparmio idrico, tutela territoriale e lotta al dissesto idrogeologico. Si tratta di un programma di lungo periodo volta a promuovere investimenti per la riduzione dei rischi in agricoltura connessi alla scarsità idrica e al dissesto idrogeologico, basata sull’adeguamento delle infrastrutture con finalità irrigua e di difesa del territorio. Uno strumento essenziale per favorire l’adattamento del settore agricolo ai rischi climatici e assicurarne la competitività, aumentando la resilienza dell’agroecosistema agli eventi siccitosi così come ai rischi idrogeologici. L’obiettivo degli interventi previsti dalla Strategia è quello di promuovere un utilizzo sempre più efficiente dell’acqua, garantire una maggiore e più costante disponibilità di acqua per l’irrigazione. Riducendo i prelievi si contribuisce inoltre al raggiungimento dei target fissati dalla Direttiva quadro acque e dell’suo sostenibile dell’acqua in agricoltura. Il potenziamento delle infrastrutture idriche può avvenire, sia a monte sui grandi accumuli e reti di adduzione idrica, come pure nella realizzazione di una rete capillare di piccoli invasi), sia a valle (sulle reti di distribuzione).
Per portare avanti la propria strategia sugli investimenti e contribuire al raggiungimento dei target di sviluppo sostenibile connessi all’efficientamento dell’uso dell’acqua, il mio Ministero sta sfruttando e integrando le potenzialità di finanziamento di vari fondi disponibili di diversa provenienza (nazionali, europei) e natura (reti irrigue, invasi, lotta al dissesto, ecc.). Nel complesso, nel periodo 2018-2022, sono stati investiti circa 1,24 miliardi di euro per il finanziamento di 169 progetti irrigui in capo a 135 beneficiari, mediante il Programma di sviluppo rurale nazionale, il Fondo per lo sviluppo e la coesione e il Fondo per il rilancio dello sviluppo infrastrutturale del Paese. L’attuazione della strategia di efficientamento del sistema irriguo è sostenuta anche grazie alle ulteriori risorse messe a disposizione dal PNRR. Nell’ambito della Componente M2C4 “Tutela del territorio e del patrimonio idrico”, l’investimento 4.3 “Investimenti nella resilienza dell’agrosistema irriguo per una migliore gestione delle risorse idriche” gode di una dotazione di 880 milioni di euro, di cui 520 milioni per progetti nuovi e 360 per progetti già avviati con risorse nazionali. Gli interventi proposti puntano ad aumentare la resilienza dell’agrosistema irriguo ai cambiamenti climatici, con particolare riferimento agli eventi siccitosi, con l’intento di migliorare la gestione della risorsa idrica e ridurre le perdite e favorire la misurazione e il monitoraggio degli usi sulle reti collettive. Per l’attuazione degli interventi è stata prevista una timeline molto stringente per poter garantire l’appalto dei lavori entro il 2023 e la loro realizzazione entro il 2026.
Stiamo rispettando tutti i tempi previsti. Il 30 settembre 2021 è stato pubblicato l’elenco dei progetti ammissibili, mentre entro settembre di quest’anno saranno emanati i decreti di concessione, a seguito dell’accertamento dei requisiti di ammissibilità dichiarati dai beneficiari in fase di candidatura dei progetti. Gli investimenti finanziati dal MIPAAF, diffusi sul territorio e realizzabili nel breve-medio periodo, si pongono ad integrazione ed accompagnamento degli interventi di efficientamento e di messa in sicurezza delle infrastrutture idriche primarie (grandi adduttori, dighe e invasi, grandi derivazioni), gestiti da altri Ministeri nell’ambito della stessa Componente del PNRR (M2C4), con dotazione di 2 miliardi di euro. Al tema dell’acqua il PNRR dedica grande rilevanza con uno stanziamento di 4,38 miliardi di euro finalizzati a “Garantire la gestione sostenibile delle risorse idriche lungo l’intero ciclo e il miglioramento della qualità ambientale delle acque interne e marittime”. Con una procedura del tutto analoga a quella utilizzata per l’investimento del PNRR, potranno essere prossimamente finanziati grazie alle risorse stanziate dalla legge di bilancio 2020, pari a 440 milioni di euro dal 2022 al 2027. Complessivamente, dal 2018, circa 2,2 miliardi di euro di fondi nazionali ed europei sono già stati assegnati o stanno per essere assegnati dal MIPAAF, per interventi sulle infrastrutture irrigue collettive per l’ammodernamento ed efficientamento del servizio di irrigazione collettiva. Il Ministero ha, inoltre, collaborato attivamente con il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile alla redazione del Piano nazionale idrico (già Piano nazionale di interventi nel settore idrico-Sezione Invasi), contribuendo a definire le priorità di intervento e di conseguenza i criteri di scelta degli interventi, che verranno applicati anche per la programmazione 2020-2029.
L’emergenza idrica in corso dimostra la necessità di ulteriori investimenti per i prossimi anni, con particolare attenzione al potenziamento delle infrastrutture di stoccaggio e valutando il ricorso a fonti idriche non convenzionali (es. riutilizzo di acque reflue). In linea con quanto proposto da ANBI (Associazione Nazionale dei consorzi di Bonifica e Irrigazione), è importante anche incentivare la creazione di opere di accumulo di media entità e a carattere interaziendale, che possono svolgere molteplici funzioni anche ambientali e ricreative sul territorio, oltre che autosostenersi dal punto di vista energetico integrando opere di produzione da fonti rinnovabili.Altro tema fondamentale sui cui ritengo che sia stato fatto molto è dotare le aziende di strumenti di incentivo alle tecniche di agricoltura di precisione, penso al pacchetto 4.0 che dalla Legge di Bilancio del 2019 per il 2020 vede gli agricoltori nella disponibilità e possibilità di accedere al credito di imposta legato al pacchetto 4.0 che consente di intervenire con strumenti che a loro volta consentono un grande risparmio idrico, fino al 75% per alcune colture. Inoltre all’interno del PNRR e nei Piani di Sviluppo Rurale della nuova programmazione PAC vi sono forti elementi sia di accompagnamento all’innovazione in agricoltura che di formazione del personale che potrà utilizzare quelle tecniche anche in ordine alla possibilità risorsa idrica che in questo momento è assolutamente necessario.
Il sistema Nazionale di Gestione del rischio
Anche in quest’ambito, come già più volte richiamato nel mio intervento, non possiamo affrontare il tema solo nella logica dell’intervento ex-post, con gli indennizzi che arrivano quando il danno è già arrivato. Per tale ragione, il Ministero sta lavorando per riorientare e rafforzare le strategie di gestione del rischio, con l’obiettivo di offrire maggiori strumenti per fronteggiare le nuove sfide derivanti dai cambiamenti climatici, tenuto conto dell’aumento dell’intensità e della frequenza dei fenomeni estremi (non solo siccità ma anche gelo, grandine, ecc), ma anche del contestuale incremento dei costi assicurativi medi. La siccità, infatti, fa parte dei rischi climatici con cui un agricoltore deve ormai fare i conti in maniera sistematica. Le aziende agricole, già oggi, possono stipulare polizze assicurative agevolate, con contributo statale fino al 70% della spesa premi sostenuta. Una prima analisi dei dati relativi all’andamento delle coperture assicurative agevolate, sottoscritte nel corrente anno, mostra tuttavia una debolezza dell’attuale sistema assicurativo per il settore agricolo, in parte connesso alla difficoltà, per le compagnie assicurative, a piazzare i rischi catastrofali, come appunto la siccità, presso le compagnie di riassicurazione internazionali. Per questa ragione le compagnie non sarebbero riuscite a coprire integralmente le richieste provenienti dalle imprese agricole.
Proprio al fine di potenziare l’attuale sistema di gestione dei rischi in agricoltura, il MIPAAF è intervenuto con interventi ad hoc nell’ambito della riforma della PAC e dell’ultima legge di bilancio. La riforma della PAC e il Piano strategico nazionale della PAC rappresentano una opportunità da cogliere per rilanciare il sistema delle assicurazioni agevolate e degli strumenti di gestione del rischio innovativi, quali i fondi di mutualizzazione, lo strumento di stabilizzazione del reddito e le polizze index based. Grazie alla nuova PAC, gli ordinari strumenti di gestione del rischio sono stati potenziati con l’attivazione del nuovo Fondo Mutualistico Nazionale sulle emergenze catastrofali. In questo modo, lo strumento delle assicurazioni agevolate sarà affiancato dal Fondo Mutualistico Nazionale, finanziato con il 3% dei pagamenti diretti e con le risorse che saranno rese disponibili attraverso uno specifico intervento cofinanziato dallo sviluppo rurale. Questa novità della nuova PAC rappresenta un vero e proprio successo negoziale per l’Italia. Si tratta di una misura di grande rilievo, dal valore di 350 milioni di euro all’anno. La leva pubblica consente, infatti, di triplicare i 100 milioni di euro di quota degli agricoltori, derivanti dal primo pilastro.
Con le risorse a disposizione si punta a creare una rete di sicurezza per i circa 700 mila agricoltori che percepiscono pagamenti diretti della PAC contro i danni catastrofali che ammontano mediamente ad oltre 600 milioni di euro all’anno (siccità/gelo/alluvione). L’istituendo “Fondo Mutualistico Nazionale Agricolo Contro le Avversità Catastrofali” (FMN AGRI-CAT) sarà gestito tramite una società dedicata di ISMEA, con la partecipazione di SIN. Alle risorse del Fondo Mutualistico Nazionale si aggiungono, inoltre, i quasi 340 milioni di euro all’anno di fondi pubblici destinati alle assicurazioni agevolate e ai fondi di mutualizzazione, compresi gli strumenti di stabilizzazione del reddito. Complessivamente, a partire dal 2023, avremo dunque un pacchetto di interventi per la gestione del rischio del valore complessivo di quasi 700 milioni di euro all’anno. Per raggiungere tale provvista finanziaria, nella manovra di bilancio 2022, abbiamo provveduto a integrare il cofinanziamento nazionale del FEASR, appostando risorse pari a 891,5 milioni euro.
Conclusioni
La criticità ci costringe a fare più che parlare. Per questo stiamo cercando di accelerare ogni iniziativa volta a riammodernare le infrastrutture irrigui, rendere disponibile la risorsa che c’è, consapevoli del fatto che in questo momento i sistemi produttivi agricoli stanno subendo, dall’aumento costi energia, difficoltà logistiche legate al conflitto e dagli eventi climatici una serie di danni che obbligano questo Governo e il Parlamento nel suo complesso a trovare le risorse per accompagnare i nostri produttori agricoli in una fase così complicata.